EFFETTO BACON - DOMENICA 28 MAGGIO PRESSO IL POSTO DELLE FRAGOLE, EX OPP, DALLE 10.30 QUARTO E ULTIMO APPUNTAMENTO DEL CICLO "DAL CORPO ALLA CARNE"

L'opera di Bacon, le sue Figure, rimandano ad una geometria paradossale rappresentata dal nastro di Moebius o la Bottiglia di Klein, luoghi in cui il dentro e il fuori si scambiano senza soluzione di continuità. La bottiglia di Klein in particolare suscita sensazioni di inquietudine e qualcosa che ha a che fare con l'orrore. Si viene trascinati dentro uno spazio trasparente e claustrofobico al tempo stesso, per essere poi risputati all'esterno rovesciati. Il dentro è sempre esposto al fuori che, a sua volta viene in continuazione invaginato all'interno, in cui non scompare, ma raddoppia la sua visibilità. Quello che qui è rimando alla condizione del soggetto, nelle opere di bacon assume l'altezza dell'arte. Il punto che caratterizza la poetica di Bacon è proprio quello di cortocircuitare ciò che si mostra come corpo visibile con ciò che a livello dell'invisibile è l'espressione di un gioco di forze. La carne macellata della Figura è l'effetto di questa cortocircuitazione in cui l'invisibilità delle forze in atto diviene visibile in una corporeità aperta e squarciata, mentre ciò che ci rassicura nella visione d'oggetto, cioè una corporeità delimitata e confinata geometricamente, viene perso grazie ad un'operazione di cancellazione che rende il corpo non irriconoscibile, ma non-riconoscibile nei suoi particolari. L'esperienza di spaesamento, ancora prima dell'orrore e della paura e della pietà che vi si accompagnano, rappresenta il primo impatto con la Figura baconiana. L'occhio è obbligato a percorrere le figure affannosamente alla ricerca di un punto fermo, impossibile da trovare se non abbandonando la figura stessa. Ma nel momento in cui lo facciamo, abbandoniamo quello che sembra essere un centro narrativo del quadro: ci troviamo proiettati in una campitura impenetrabile di colore in cui fluttua una delimitazione astratta ed eterea dello spazio: “la struttura”. Nulla sorregge la figura tanto che la nostra ricerca di un punto d'appoggio nello spazio fallisce miseramente facendoci sbattere contro le superfici interne di uno spazio cilindrico o curvo, dai rosa rivoltanti o dai giallini crema che potrebbero essere i colori “quieti” delle quiete case borghesi della middle-class inglese.

Tre studi per il ritratto di Lucien Freud - Francis Bacon, 1969

Lo spazio astratto, proprio per la sua inconsistenza corporea, trasferisce la figura direttamente in un “fuori” - un tamburo colorato – che però è totalmente chiuso e ricoperto dal “dentro” della carne che esplode direttamente in faccia all'osservatore. In un'assenza di oggettualità, però, anche l'osservatore non è più tale venendo privato del suo centro e trascinato lontano dalla sua posizione “turistica” di fronte all'opera. Egli stesso diviene il tamburo, l'arena ed allo stesso tempo posto in una tensione illimitata verso l'esplosione del proprio “intimo”. L'osservatore è spodestato dal quadro, reso irriconoscibile sotto la spinta della carne, modificato ed infine “spazzolato via” al pari dei tratti delle figure resi indistinguibili dai gesti sottrattivi delle mani di Bacon.

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