Domenica 14 maggio presso Il Posto delle Fragole, ex OPP, dalle 10.30 terzo appuntamento del ciclo "Dal Corpo alla Carne"

Ci siamo lasciati alle spalle Mantegna con la sua pittura pietrificata e monumentale che trova il suo apice nella scena della Lamentazione del Cristo morto, dipinto che si trova presso la Pinacoteca di Brera a Milano. Possiamo pensare quest'opera come il segno che chiude i fasti del Rinascimento e apre idealmente alla nuova fase che si svilupperà a Nord che si condensa nella Riforma protestante avviatasi a partire dal 1517. Idealmente le due immagini si guardano: Il Cristo morto di Mantegna del 1470 e l'autoritratto in pelliccia di Durer del 1500.

La cosa notevole è che per Mantegna il Cristo ha il volto del pittore, che così si pone in coincidenza con il Cristo stesso solo nella scena funeraria; come a dire che l'Imitatio Christi è immaginabile solo nell'uscita dalla vita terrena, ma nonostante ciò, e questo è l'atto rivoluzionario di Mantegna, ne viene tentata una raffigurazione. Il quadro è senza firma e raffigura una scena che ormai ha pochissimo dei grandi spazi urbani tipici del Rinascimento. 

Rembrandt, autoritratto
Attraversare le Alpi è come andare all'altro mondo e quindi troviamo l'audacia assoluta di Dürer che, con arte finissima, si ritrae in veste di Cristo, ma questa volta vivo! L'opera questa volta è firmata con il classico e bellissimo simbolo del Dürer. Assistiamo ad una prima assolutizzazione del soggetto umano che vive in sé Cristo, non più come un ideale astratto, ma come esistenza concreta. Tra Mantegna e Dürer quindi assistiamo al passaggio da una umanizzazione del divino ad una divinizzazione dell'umano. Rembrandt raccoglierà pienamente questa eredità mettendo in scena questa inversione di rotta e creando per la prima volta nella storia qualcosa come una psicologia.

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